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Domande tardive nella liquidazione coatta amministrativa: la Cassazione si discosta dalla giurisprudenza di merito

01/05/2023

Le domande tardive presentate dai creditori di cooperative poste in liquidazione coatta amministrativa devono essere presentate al commissario liquidatore e discusse dinnanzi al Giudice. Così si è pronunciata la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 12119 del 13.04.2022.

Bisogna considerare, preliminarmente, che la pronuncia della Corte riguarda il caso di una procedura di liquidazione coatta amministrativa assoggettata alla Legge Fallimentare; tuttavia, il principio enunciato può riguardare anche le procedure assoggettate al codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, in considerazione della sostanziale identità delle norme.

NORMATIVA APPLICABILE ALLE DOMANDE TARDIVE

In tema di formazione dello stato passivo nella procedura di liquidazione coatta amministrativa, l’art. 209 l.fall. prevede:

  1. per le domande tempestive, «il commissario liquidatore forma l’elenco dei crediti ammessi o respinti e delle domande indicate nel secondo comma dell’articolo 207 accolte o respinte» (di rivendica e restituzione), «lo deposita nella cancelleria del luogo dove l’impresa ha la sede principale» e lo trasmette a mezzo p.e.c. «a coloro la cui pretesa non sia in tutto o in parte ammessa» (primo comma);
  2. le impugnazioni, le domande tardive di crediti e le domande di rivendica e di restituzione sono disciplinate dagli articoli 98, 99, 101 e 103, sostituiti al giudice delegato il giudice istruttore ed al curatore il commissario liquidatore» (secondo comma).

L’art. 101, secondo comma, L.F. inoltre, stabilisce che «Il procedimento di accertamento delle domande tardive si svolge nelle stesse forme di cui all’articolo 95. Il giudice delegato fissa per l’esame delle domande tardive un’udienza ogni quattro mesi, salvo che sussistano motivi d’urgenza. Il curatore dà avviso a coloro che hanno presentato la domanda della data dell’udienza. Si applicano le disposizioni di cui agli articoli da 93 a 99».

LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE

Secondo i Giudici l’art. 209 L.F. deve essere applicato in conformità al suo tenore letterale.

Mentre il regime delle domande tempestive ha una sua autonoma disciplina – caratterizzata dalla formazione del passivo in sede amministrativa, con successiva impugnazione in sede giurisdizionale – quello delle domande tardive è individuato mediante rinvio alla normativa fallimentare.

In sintesi, l’art. 101 L.F. è richiamato per intero e senza alcuna riserva di compatibilità, fatta salva, come visto, la sostituzione del giudice istruttore al giudice delegato e del commissario liquidatore al curatore.

Pertanto, la domanda tardiva deve essere indirizzata al commissario liquidatore, da questi valutata nell’ambito di un progetto di stato passivo da depositare nella cancelleria del tribunale, per essere poi decisa in udienza da un giudice istruttore.

Tale lettura è in linea con l’assetto della liquidazione coatta amministrativa disciplinata dalla legge fallimentare

Infatti, il deposito in cancelleria dello stato passivo delle domande tempestive, formato dal commissario liquidatore, segna il passaggio da una fase di natura amministrativa a una fase di natura giurisdizionale, connotata da un più ampio “statuto di tutela”.

Le diverse letture date da una parte della dottrina e della giurisprudenza di merito non appaiono convincenti.

Ciò in quanto verrebbe a mancare del tutto il senso della “sostituzione” del giudice istruttore al giudice delegato (il quale ha un ruolo solo nelle domande tardive), sia perché anche in passato l’accertamento delle domande tardive non si svolgeva in sede amministrativa, bensì in sede giudiziale, stante il maggior livello di complessità della decisione – tenuto conto dei profili della imputabilità del ritardo o della novità della domanda, spesso implicati – che, come per le impugnazioni, giustifica un maggior grado di giurisdizionalizzazione.

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